Fabio Scali è un italiano expat a Stoccolma, dove vive facendo un lavoro che gli piace un sacco: si occupa di brand identity, creando l’immagine dei marchi con cui collabora a 360 gradi, dal logo fino al merchandising. Tuttavia basta sbirciare i suoi social per capire che di lavori ne fa quasi due. Suona, abitando come DJ la scena underground di molti locali in giro per il mondo. Insieme abbiamo parlato di creatività, italianità e musica. E pure di cucina, a modo suo.
Partiamo dal principio: come sei arrivato da Milano a Stoccolma?
Mi sono trasferito a Londra quando avevo 23 anni. Dopo quattro anni sono passato a Stoccolma dove sono diventato graphic designer, occupandomi sia di grafica paper che digitale. Il mio interesse per l’arte, per il design, c’è sempre stato ma è qui che ho avuto la possibilità di esaudire i miei sogni. Mi sono laureato in Svezia in graphic design e comunicazione – qui l’università è gratis e lo stato ti sussidia per studiare – e ho avuto subito la fortuna di lavorare in un studio molto importante all’epoca, che faceva davvero scuola. Sono cresciuto, fino a diventare art director, e attualmente lavoro per Vaengad, uno studio qui a Stoccolma.
In cosa trovi ispirazione?
Il designer secondo me, a differenza magari di un pittore che dipinge un quadro, deve dare delle risposte, delle soluzioni. Perciò ogni progetto ha un percorso diverso, e ogni percorso ha le sue tecniche a livello visuale e comunicativo, che trovano ispirazione in modi e mondi differenti. Sicuramente la chiave per me è la ricerca: faccio davvero tanta research, sul brand, sul prodotto, sui competitors… metto occhio su tutti i dettagli che mi colpiscono e che possono far nascere un’idea. E certamente leggo molti blog, curioso i lavori degli altri designer, anche loro mi possono ispirare. Che poi è ciò che succede anche nell’arte, gli artisti si ispirano a vicenda.
Come nasce il tuo processo creativo?
Generalmente quando devo ragionare su un progetto nuovo stacco dall’ufficio, cammino un po’, poi mi siedo in un caffè e osservo il mondo, senza controllare il telefono. Moltissime idee mi vengono mentre dormo, proprio quando stacco dal computer, o sotto la doccia. Per me è importante comunque che qualsiasi idea creativa risponda alla necessità: se progetto una sedia, la sedia deve essere comoda. Certo, anche bella, ma se poi è scomoda non ho trovato l’idea giusta. Il processo creativo nasce per rispondere a una domanda di funzionalità.
Per noi hai ideato l’etichetta di Or’o. Ce la racconti?
Sono partito dal contenitore: rettangolare, molto squadrato, perciò ho pensato di giocare di contrasto e di utilizzare forme rotonde. Mi ha incuriosito molto che sembrasse proprio una boccetta di profumo, volevo un’etichetta elegante, semplice che esprimesse il lusso del prodotto senza soffocarlo. La font che ho usato –ndr: Dala Floda italic – dà l’idea di qualcosa di sofisticato ma non borioso, tipo stencil. La font della scritta di contorno – ndr: Sackers Gothic – è invece una font elaborata nel 1994 con tratti che si ispirano alle lettere capitali romani, e che era abbastanza utilizzato per i prodotti alimentari di qualche tempo fa. Tradizionale e raffinata.
Essere un ex-pat (vivere due culture) pensi ti abbia aiutato/ti aiuti nel lavoro?
Londra è stato un turning point, trovarsi in mezzo a persone da tutto il mondo ha aiutato molto il mio lavoro. Anche Stoccolma è estremamente multiculturale, e conoscere tante realtà diverse mi permette di evitare cliché e stereotipi, aspetto molto importante per la professione che svolgo. Sembra banale, ma anche qui andando in molti ristoranti italiani sembra di entrare in un film hollywoodiano anni ’60.
Per un creativo è una fortuna avere un background variegato, e in questo mi hanno aiutano sia le mie origini italiane sia le esperienze che ho avuto in giro per il mondo.
Londra mi ha reso open minded, mi ha fatto vedere le persone come individui, senza etichette, mentre Milano è forte da sempre sul design, e questi sono stati dei plus per me. Non è una particolarità solo mia, nel mio team siamo in molti ad avere un background diverso sa quello svedese, e questo arricchisce i nostri progetti. Stoccolma non può dirsi variegata e open minded come Londra, che è impareggiabile, e qui non mancano i problemi sociali e di segregazioni, ma il bello è che se ne parla, c’è consapevolezza, e si lavora molto sull’integrazione.
Oltre a essere un creativo fai anche musica. Come è nata questa passione?
Ho iniziato circa cinque anni fa, suono sia analogico – vinili – che digitale. Amo tutto ciò che non è commerciale, mi appassiona la scena underground che qui è molto fertile. Suono anche in molti club, e forse qui in Svezia sono addirittura più conosciuto sulla scena public, ma quelle che preferisco sono le serate meno convenzionali.
Suonare è bellissimo. Dalla house alla tecno, la mia musica mi ha portato a suonare in giro per il mondo, perfino a Tel Aviv. È bello anche perché ti porta a contatto con una popolazione estremamente variopinta, culturalmente stimolante, e davvero aperta mentalmente. I miei posti preferiti dove suonare sono probabilmente i locali LGBTQ+, perché lì le persone sono davvero all’avanguardia. Questo tipo di realtà ti permette di lavorare e suonare liberamente, indebolendo la macho culture che c’è nella musica – ma anche nel design, in effetti. Frequentare l’ambiente musicale mi ha dato la possibilità di partecipare a questo mondo anche in qualità di graphic designer, ho fatto loghi, fatto visual identity per svariate feste. Perché ci tengo a mettere in pratica anche progetti personali che rispecchino i miei valori, la mia idea di mondo e di inclusione, e l’ambiente musicale mi permette di farlo.
Ti piace anche cucinare?
Non cucino praticamente niente. Ma mi piace mangiare buono, e in questo diciamo che rispecchio finalmente lo stereotipo italiano – ndr: sorride. Infatti esco spesso, frequento molto i ristoranti da solo. Però devo dire che il mio piatto preferito è il risotto allo zafferano. Davvero, non per scherzo!
E lo mangi bene anche a Stoccolma?
Sì, ho molti amici e molti lavorano in dei ristoranti, quindi riesco a mangiarlo molto bene anche qui. Quando verrete a trovarmi ve lo faccio assaggiare!
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Se invece sei un appassionato di font come Fabio qui ti lasciamo un approfondimento.